Carlo Piga – recensione all’opera pittorica di Carla (2009)

Recensione all’opera pittorica di Carla Erizzo.

Carla Erizzo veneziana di nascita, approda alla pittura circa venti anni fa, ma è negli ultimi dieci che la sua personalità emerge in modo coerente alla fine di un lungo percorso di maturazione, iniziato presso la bottega del padre, pittore di fama, dove la giovane artista non solo apprende le tecniche (che in seguito perfezionerà accanto ad un maestro come Sandro Parenti), ma, cosa assai più importante, viene sedotta dal colore.
Impastare i pigmenti, preparare mestiche e fondi per le tele paterne, fa nascere in lei un rapporto quasi viscerale con la sostanza pittorica, che rimarrà come traccia indelebile del suo linguaggio artistico, dimostrandosi in questo figlia della grande tradizione veneziana.
Naturalmente un artista è tale, quando associa la perizia tecnica, “il mestiere”, con una particolare sensibilità e capacità di comunicazione. Nell’opera della pittrice questi due elementi si coniugano perfettamente sul terreno comune di un tessuto di colori puri e materici, che costituisce la base emotiva da cui traggono origine le sue forme.
Non si può scindere il “linguaggio cromatico” di Carla dai suoi luoghi natii.
È proprio l’ambiente lagunare caratterizzato da quel caleidoscopio di colori e riflessi di luce, che affascina da sempre generazioni d’artisti, a costituire la fonte primaria d’ispirazione per le creazioni della pittrice; ma siamo distanti dall’idea della “veduta”.
Nella serie: Le mie Venezie, la ripresa en plein air, vira verso interpretazioni profonde, direi emotive del puro dato percettivo, tanto da raggiungere risultati cromatici e formali affatto naturalistici e sempre diversi.
È il caso di Volando su Venezia, dove l’apparente costruzione prospettica viene subito contraddetta da una scelta sostanzialmente monocromatica di toni blu e azzurri, accesi qua e là da “barbagli” di colore caldo, che risolvono la composizione sul piano bidimensionale della tela, con esiti non distanti da Paul Klee.
Oppure in Rialto (che fa parte della stessa serie), dove la giustapposizioni di toni caldi e freddi, dati attraverso pennellate rapide e corpose, fa vibrare la superficie e agitare le forme come se fossero investite da una forza potente.
Infine nella ripresa di San Marco o della Salute, in cui lampi di colore notturno accendono le forme, evocate attraverso pennellate filamentose di luce argentea e quasi metafisica.

Il riflesso, in quanto specchio emozionale della realtà, è il motivo che domina la serie delle Sensazioni d’acqua, dove l’energia vola libera come il vento che muove le vele, e fa vibrare di mille colori la superficie dell’acqua; come in Girotondo in mare, dove le vorticose evoluzioni delle vele in regata, ci vengono restituite in una girandola di luci gialle e toni acquei, o in Riflessi (opera giustamente premiata), in cui il dinamismo è tale da corrodere le forme, sfiorando esiti di puro astrattismo cromatico.

Le serie successive: Tra luce e realtà, o Percorsi paralleli, segnano una fase più matura e introspettiva dell’artista. Qui il linguaggio pittorico di Carla fatto di pennellate rapide e corpose e di accostamenti di toni audaci, ma in qualche modo ancora vincolati ad un naturalismo esteriore, è ora chiamato a percorrere tortuosi sentieri interiori, in cui la forma diventa sempre più protagonista.
La figura, come sempre nell’opera dell’artista generata dal fondo, appare ora isolata. In alcuni casi emerge lentamente, conservando la diafana consistenza di un ricordo profondo e struggente, come in Figura di madre, altre s’impone con forza dirompente come: In daddy’s arm, o nella Resa, dove spatolate di colore cupo caricano di drammatica tensione l’immagine dell’uomo caduto in ginocchio.

C’è indubbiamente nella pittura di Carla Erizzo qualcosa di profondamente sacrale, nel senso di un grande rispetto per la figura umana, colta nella sua essenza universale, laddove il confine tra uno e molteplice tra forma e astrazione, è talmente sottile da sfiorarsi, mantenendosi in un sofisticato gioco di equilibri come in Angeli custodi, l’opera forse più visionaria, in cui si rintracciano echi correggeschi e persino barocchi, interpretati però con gusto e sensibilità contemporanee.

Carlo Piga (esperto d’arte).